giovedì 5 dicembre 2013

Supernova


  Hazel Bridge 06.12.2515
..P..Pon.. Ponti? Ponti. Cor.. Corte.. Cortes. Cortes era andata a fare dei ponti? ..Fer...Ferita. Cortes è ferita?Leggi. Cosa dice? Cortes è ferita?
Cortes e Oxossi si giocano a dadi un giubotto antiproiettile perché non ce ne sono abbastanza, uno dei due andrà in missione senza. Non si rendono conto del pericolo ne della miseria. Non riescono a vedere niente oltre l'entusiasmo con cui lanciano in aria una scommessa. Non la vinceranno mai. Ridono, Cortes ha fatto quattro il cecchino due, il flak jacket stanotte tocca alla bionda. Sono le otto di sera. Raggiungono Eivor con due sorrisi opposti. Cristobal è fiero, ha una strafottenza mite, tiene gli occhi dritti nel buio. Cortes ha un ghigno troppo ingenuo per farlo sembrare arrogante, si sforza con impaccio selvatico. Edwards li fissa con le mani sui fianchi stretti, è impossibile capire cosa abbia negli occhi opachi ma per un attimo solo, preme gli angoli della bocca all'insù.
Sono le nove. Stanno in mezzo al fango da una vita. Le mani sono gelate e tormentate dalle cinghie di gatling e cobratech. La giungla protegge le sagome di soldati stanchi e agitati, scherzano col cuore in gola, premono gli anfibi contro l'inverno di Bullfinch. Superano le barriere mastodontiche delle cortecce intagliate da solchi di acqua. Il fiume lo sentono bruciare nello stomaco. Il rumore quieto dell'acqua mozza il fiato, lo spinge come un boomerang fin dentro le pareti della gola. Capiscono senza guardarsi che stanno per essere intercettati dagli alleati. Lo sanno, c'è silenzio, qualcuno li sta già puntando.

La scarica di cobratech spezza l'aria con un fischio secco, spappola i sacchi di sabbia, le schegge agganciano la carne come un gancio da macellaio. Cristobal spara nel buio, non sente le voci dei soldati. Sputa una sventagliata di proiettili calpestando la rabbia. Eivor cade a terra, è la prima, crolla con le ginocchia ossute nel pantano. Cortes piomba come un birillo, vacilla, si schianta senza forza, non oppone alcuna resistenza. La testa affonda nella conca di fango. Forse trema. Lo scheletro le chiama ancora.

La vede riversa per terra, con il giubbotto antiproiettile squarciato. Vincere a dadi non serve a niente, e forse alla fine ha avuto ragione Cristobal ad affidarsi agli spiriti. - E' questo che pensa Edwards facendosi spazio con le dita nel fiotto di sangue che sbatte come un martello contro il palmo. Quando li soccorrono, lo Scheletro di Maracay è inginocchiato con Eivor, prega a modo suo, nella sua lingua, caccia delle erbe dalla tasca. Mentre attraversano la foresta a ritroso suona la cabaca, non vuole parlare. Nessuno vuole, scattano tutti coi nervi tesi.

Davanti la tenda dell'infermeria si incrociano Jesse e Cristobal, affannando nella confusione con le rughe scavate nelle ombre. Ci sono un sacco di compagni, Cortès non riesce a distinguere le sagome che si delineano frammentarie nello sguardo. Non ricorda neanche di aver sentito un dolore così forte in vita sua, le spacca il cranio a bastonate, continua a contrarre i muscoli come se l'avesse azzanna una scorpione. Le arrivano scariche elettriche dietro i reni, contrae le gambe, qualcuno tampona e la blocca di peso. Quando chiude gli occhi le dita aggrappate al letto si spalancano di colpo. Corre, ancora, incontro al buio, confonde il tempo e i ricordi. Rosales era nella sua cabina, lo sente girargli attorno. Piange, qualcuno le grida addosso. Lui continua a rivoltarsi senza pace. Senza pace. Quando lo afferra per il colletto... le si sgretola di mano.


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