domenica 12 gennaio 2014

Jack knife, in your sweaty hands

Sergio Cortès - foto appesa in cabina

Maracay 
Barrio Libertador

La palude è agitata, si intravede dalle finestre di un'abitazione fatta di cemento coi soldi sporchi, è una delle poche costruzioni stabili della zona. Sono trascorsi anni dalla prima guerra, e i ricordi sono ficcati sulle pareti, proiettili e colate di fuoco. Allora, proprio come oggi. In casa Cortès si respira un'aria stantia, gravida di gente che entra, poggia le armi sul tavolo in segno di affetto e rispetto, bacia Sergio congratulandosi per la liberazione di Moloko. Gli altri fratelli sprofondano in una noia ripugnante, tenuta a bada solo dai culi delle mignotte degli spacciatori che affollano ogni angolo della cucina. Sergio ha i polsi incatenati da bracciali d'oro, mani piene di odio, un sorriso tirato dalla blast, le spalle gonfie, un petto largo come la tela di un quadro e gli occhi fermi nel vuoto. Beve abbracciato alla ragazza che ha messo incinta, a tratti gli sale lo schifo dell'insoddisfazione e si accanisce contro la sigaretta. Non c'è traccia di benessere sul viso, è silenzioso e disinteressato. Senza saperlo, ha accusato la notizia allo stesso modo della sorellastra. Vuota e svuota i bicchieri con un rum costosissimo e lavorato. Il palato neanche la sente la differenza con quello sturacessi che usano per le occasioni meno importanti. Non importa che fai nella vita, la puzza del quartiere ti rimane addosso pure con la giacca da settecento dollari.

I postumi della sbronza non lo fanno riposare, inutilmente si rivolta tra le lenzuola e le moine di quei quattro criminali lo inseguono e lo perseguitano, le tiene ancora tutte ficcate in testa. Con uno scrollone violento si tira a sedere sul letto, afferra il pad e prova a chiamare la sorella. 

-Puoi parlare stronza?
-F..uck, you
ci sono dei rumori tremolanti di sottofondo, la voce di una donna che viene messa a tacere con un boato violento.
- Sergio - lo rimbecca Moloko, meccanicamente, come fosse un gesto quotidiano. 
-Le ho dato solo un pugno.
-La troia non ha ancora imparato che ti danno fastidio le mani dietro la schiena?
Il 'leafer sbrodola una risata bassa, calda, unta di nostalgia brutale.
-Voi femmine siete snervanti, vi prendete sempre la mano con tutto il braccio.
-Ma respira ancora?
-Chi la puttana?
-No il tuo cervello
-Ti hanno trattato bene al gabbio?
-Mah, sono stata da Dio fratello. Il mio avvocato..
-Era negro.
-Come lo sai?
-Jesus quanto sei ingenua, veramente pensi che non mi sarei informato sapendo che la vita di mia sorella era in mano a uno sconosciuto?
-Potevi chiederlo a me.
-Non mi piace chiamarti, lo sai.
-I Know, tornerò a casa quando tutto questo finirà
-Quel giorno non arriverà mai. Non mi abbottare di stronzate honey, piuttosto dimmi come sta mia nipote.
-Dodò sta bene, la maestra si lamenta, troppe parolacce, troppe storie di morti ammazzati. Si è scolata un vaso di prugne mentre era nella nave di Edwards, gli è venuta la cagarella.
-Fuck, adesso non mangerà più niente dai barattoli.
-Non è niente Sergio, le passerà e la prossima volta non lo rifarà più.
-Salutami le tette di Eivor
-Aye
-Quel medico ti tratta bene?
-What the hell..
-Stai così inguaiata da negare?
-..I guess, i'm really fucked now
-Non ingoiarti troppe pillole.
-I Promise. Devo andare, mi mancate un sacco.
-fuck yourself, honey

Pools of sorrow, waves of joy are drifting through my open mind

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