Non riesce a immaginarsi le terre sconfinate di Blackrock, senza percepire le mani di Renee affondare dentro la pelliccia dei sogni e strapparle uno spintone fraterno e indelicato. Non riesce a immaginarsi le pietre rosicchiate dai picconi, senza sentire la voce di Bolivar svegliarla nel cuore della notte, trascinarla di peso fuori dalle coperte per andare a buttarsi nel fiume, a lavarsi come bestie. Sbatte le palpebre rigirando il viso tra le mani. Scuote la testa. Flash.
Stringe le coperte addentandole con un ringhio soffocato. Gira in tondo come un soldatino rotto. Fine dei giochi. Terrorismo. Se la buttano a Fargate non potrà più pensare ai suoi compagni. Eivor Edwards si prenderà cura di sua figlia. Ma nessuno sorveglierà Eivor Edwards. Sbatte le nocche contro il muro bianco, lo prende a pugni fino a sporcarlo con una manata rossa. Lecca il sangue ritrovando il sapore di Nathan Snow, fatto a pezzi dal suo orgoglio. Lo getta oltre le spalle con un brivido freddo.
Non ci sono finestre nella cella di quattro metri per quattro in cui è barricata, non sa che ore sono ma è certissima di essersi svegliata prima dei suoi compagni della Almost Home. Sposta la sedia, il tavolo. Sfila la maglia per arrotolarsela dietro le spalle. Il petto fasciato le copre parte dello stomaco ma non la cicatrice, ci passa le dita sopra. Conosce Red Wright? E Jack Rooster? Le rifaccio la domanda. Conosce Jack Rooster? E André Vandoosler? Comprime le unghie nella carne graffiando tutti e venti i punti, gli angoli delle labbra si arricciano in una smorfia sprezzante. Respira cumuli di cenere e fumo, colonne di fiamme. Il dolore non è abbastanza forte da scacciare la voce martellante del Comandate Aguilar. Un rigurgito amaro le sale in gola.Tossisce. Sputa. Le sue accuse sono gravi. Mi dia del lei.
Il corpo di Moloko Cortès diventa un tappeto di terra rossa, arso dal sole, scosso dalle vibrazioni furiose di millenarie migrazioni. Si getta ordinatamente a terra, il caschetto nero è una foresta di ombre ramificata sulle mattonelle. Trenta piegamenti a terra e trenta addominali. Lo spettro del Capitano Volkov spezza il ritmo dell'esercizio. Ricomincia. Quaranta flessioni. Scarta il fondo del pavimento con uno scossone dei fianchi, gonfi di stanchezza. Traballa contro il lavabo gettando la testa sotto l'acqua, affannando. Fame d'aria.
Marshall Lee le piove addosso, varca il suo cuore piantandosi nel mezzo come lo scheletro di un mandala. Un cerchio, l'essenza. Una distesa di tracce da seguire, allargandosi sempre più forte, scavando uno squarcio, una botola di pace e assuefazione.
Stringe le coperte addentandole con un ringhio soffocato. Gira in tondo come un soldatino rotto. Fine dei giochi. Terrorismo. Se la buttano a Fargate non potrà più pensare ai suoi compagni. Eivor Edwards si prenderà cura di sua figlia. Ma nessuno sorveglierà Eivor Edwards. Sbatte le nocche contro il muro bianco, lo prende a pugni fino a sporcarlo con una manata rossa. Lecca il sangue ritrovando il sapore di Nathan Snow, fatto a pezzi dal suo orgoglio. Lo getta oltre le spalle con un brivido freddo.
Non ci sono finestre nella cella di quattro metri per quattro in cui è barricata, non sa che ore sono ma è certissima di essersi svegliata prima dei suoi compagni della Almost Home. Sposta la sedia, il tavolo. Sfila la maglia per arrotolarsela dietro le spalle. Il petto fasciato le copre parte dello stomaco ma non la cicatrice, ci passa le dita sopra. Conosce Red Wright? E Jack Rooster? Le rifaccio la domanda. Conosce Jack Rooster? E André Vandoosler? Comprime le unghie nella carne graffiando tutti e venti i punti, gli angoli delle labbra si arricciano in una smorfia sprezzante. Respira cumuli di cenere e fumo, colonne di fiamme. Il dolore non è abbastanza forte da scacciare la voce martellante del Comandate Aguilar. Un rigurgito amaro le sale in gola.Tossisce. Sputa. Le sue accuse sono gravi. Mi dia del lei.
Il corpo di Moloko Cortès diventa un tappeto di terra rossa, arso dal sole, scosso dalle vibrazioni furiose di millenarie migrazioni. Si getta ordinatamente a terra, il caschetto nero è una foresta di ombre ramificata sulle mattonelle. Trenta piegamenti a terra e trenta addominali. Lo spettro del Capitano Volkov spezza il ritmo dell'esercizio. Ricomincia. Quaranta flessioni. Scarta il fondo del pavimento con uno scossone dei fianchi, gonfi di stanchezza. Traballa contro il lavabo gettando la testa sotto l'acqua, affannando. Fame d'aria.
Marshall Lee le piove addosso, varca il suo cuore piantandosi nel mezzo come lo scheletro di un mandala. Un cerchio, l'essenza. Una distesa di tracce da seguire, allargandosi sempre più forte, scavando uno squarcio, una botola di pace e assuefazione.
Avverte il filo invisibile, eterno, senza peso, che sorregge il pendolo. E' lei il perno. Il richiamo magnetico con la sua terra le fa sbarrare gli occhi di colpo. Sua figlia inciampa, corre, le sbatte il muso sul ginocchio strofinano la corona di boccoli scuri, trascinandola ancora una volta sotto una tempesta di sabbia.
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