mercoledì 15 ottobre 2014

Non ho certezze, al massimo probabilità

La cella dello skyplex si dilata come una vasta metropoli con un centro scintillante che, inesorabilmente, inevitabilmente, va man mano corrodendosi. L'astinenza disegna negli occhi di Moloko il suo stesso gran corpo, sgranandosi verso periferie di caos scottante. L'alcool è evaporato dai sentieri sfibrati delle vene gonfie come torrenti in piena.
Sente bruciare la gola come il vento torrido di Bullfinch, si scopre a graffiarla quando il riflesso luccicante del sangue scivola fino ai polsi. Il carbone bruciato dei capelli di Dodò le impedisce di respirare, si piega contro il muro, ci sbatte la testa fino a cancellare del tutto l'azzurro radioattivo come il promezio,  degli occhi di Hope.
I fianchi istabili, scivolano contro una patina di sudore umito e più li contorce per schiantare calci e ginocchiate contro  i cardini della branda inchiodata al muro, più sente la stoffa dei jeans comprimere le fitte bagnate di sangue che si aprono in mille tagli, la carne si squaglia come fango caldo, ed è l'unico sollievo alle torture dell'astinenza che brucia a ondate di pece bollente. Le sente risalire tutte su per la gola.
Avverte il cuore aprirsi un varco nel petto quando è costretta a riprendere spazio, aria. Apre le mani contro le pareti di latta che imprigionano i suoi tormenti. Dilata le narici spalancando lo sguardo instabile sulle nocche incise da croci di rabbia disonesta.
La pena di Philp non riesce a scovarla dietro gli angoli cieci del pozzo di metallo nel quale l'hanno rinchiusa.

La cella si richiude su se stessa come un proiettile al contrario, ma non è così diversa dalla cabina spogliata dal bordello di Marshall Lee. Lo stesso Marshall Lee a cui continua a ripetere (in una cantilena insensata), come fosse lì accanto a lei che:
- non ho certezze, al massimo probabilità, non ho certezze, al massimo probabilità

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